الإثنين, مايو 29, 2023
الإثنين, مايو 29, 2023
HomeItalia«Avevo perso 15 chili, oggi festeggio la mia rinascita»: le storie di...

«Avevo perso 15 chili, oggi festeggio la mia rinascita»: le storie di chi lotta contro i disturbi alimentari


Amelia Esposito
CorriereTv

DALLA NOSTRA INVIATA PONTREMOLI (MASSA CARRARA)Domani festeggio il mio secondo compleanno, la mia rinascita». Camilla, 22 anni di cui 4 da anoressica, era arrivata a perdere 15 chili. Ora è guarita. E sta per tornare a casa. Splende il sole a Pontremoli in questo sabato di marzo che sembra estate. Splende nel parco della residenza Madre Cabrini Dca (disturbi del comportamento alimentare), fra le colline della Lunigiana, nel cuore di Camilla e in quello dei pazienti-amici che oggi le stanno accanto. Stretti gli uni agli altri. Si abbracciano e si tengono per mano, dandosi forza. Laura, Sole e Matteo sono ragazzi anoressici, bulimici, o le due cose assieme. Hanno storie diverse. Durissime. Ma sono tutte storie di speranza. Eccole.

«Mi sono ammalata di anoressia a 15 anni.Sono stata due volte in ospedale, con il sondino, ora sono qui da 9 mesi e posso dire che da 1 a 10 sto bene 9», sorride Laura, 18 anni. Laura non vuole dire quanto pesa oggi, né quale è stato il suo minimo storico. Racconta, invece, quando ha toccato il fondo: «Durante il lockdown tutto è precipitato. Sono sempre stata ossessionata dal mio corpo e ho sempre tenuto a bada le mie emozioni, ci riuscivo grazie a una vita frenetica, palestra, corsa, controllavo il peso, ma quando mi sono ritrovata chiusa in casa sono caduta a picco. Camminavo per ore, avanti e indietro nella mia stanza, e non mangiavo più».

Il lockdown. Tornerà nei racconti di questi giovani pazienti.Come uno spartiacque. Lo conferma Davide Giorcelli, psicologo e psicoterapeuta della struttura. «C’è un prima e un dopo, anche per noi. Il danno per chi soffriva di disturbi alimentari è stato enorme. Qui abbiamo dovuto aprire le liste d’attesa», spiega. Il Madre Cabrini Dca è una residenza convenzionata con il sistema sanitario nazionale che fa parte di una rete, purtroppo ancora piccola, di strutture dedicate esclusivamente a queste patologie. Ed è fra le più grandi d’Italia. Qualche numero: 68 operatori (fra psicologi, nutrizionisti, fisioterapisti, neuropsichiatri ecc) per 50 ospiti. Oggi le due pazienti più giovani hanno 13 anni. Le meno giovani sono over 50. Il 75% ha fra i 16 e i 25 anni. Ci sono 46 femmine e 4 maschi. I colloqui sono continui. È un’epidemia.

Matteo, 25 anni, premette: «Mi lascio alle spalle una brutta settimana, ho avuto una ricaduta». Quasi sussurra, ma ha voglia di parlare di sé: «Soffro di bulimia da 7-8 anni. Sono qui da 5 mesi, ma ci ero già stato in passato. La prima volta, due anni fa, mi sono autodimesso». Anche Matteo è stato in ospedale. La sua vita, in questi anni, è stata segnata da alcuni lutti che certamente, spiega, hanno peggiorato il suo stato. Uno, in particolare: «Qui avevo conosciuto una ragazza a cui mi ero legato, poi entrambi abbiamo deciso di andare via convinti di potercela fare da soli. Ma lei non ce l’ha fatta. È morta». Questo è il suo, di fondo. Proviamo ad andare ancora un po’ indietro con i ricordi. A capire, quando tutto è iniziato, perché è iniziato. «La mia memoria è offuscata — risponde — so che al primo anno di università ho iniziato a togliere un cibo, poi un altro, poi è arrivato il vomito indotto finché la cosa mi è sfuggita di mano».

Si comincia così: privandosi dei cosiddetti cibi fobici (dolci, carboidrati, grassi), si riducono le quantità, si contano le calorie, si assumono bruciagrassi e lassativi, si fa attività fisica fino allo sfinimento. Fino a crollare. Come è successo a Sole, 18 anni, anoressica da quando ne aveva 15. Sole è un fiume in piena. Dopo tanta terapia, con lucidità, indica nel rapporto con la madre il suo nodo irrisolto: «Ha sempre criticato il mio corpo e quello di mia sorella, come i corpi delle sconosciute. Ancora oggi mi ritrovo a chiederle se mi vede bella. Ho bisogno di piacerle». Poi, nel 2020, è successa una cosa. C’entra un amore, non ricambiato, difficile. «Mi ero innamorata di una ragazza che si è ammalata di anoressia, credo di aver smesso di mangiare anche per tenerla legata a me: volevo pensasse che solo io potevo capirla. E intanto mia madre mi diceva: “Vorrei tu fossi etero, così saresti più felice”. Invece, sarebbe stata più felice lei».

Il punto più basso, per Sole, doveva ancora arrivare. Eccolo: «Ero a scuola, stavo facendo un circuito in palestra, quando non ho più sentito le gambe. Sono crollata come un peso morto. Ho capito e ho chiesto di farmi ricoverare». Ed eccoci qui, in questa residenza che sembra un hotel a 5 stelle. Con un parco splendido, camere luminose e spaziose, piscinette, palestre, confortevoli aree comuni.

Laura Dalla Ragione, direttore rete Dca Usl 1 dell’Umbria e fondatrice del primo centro specializzato in questi disturbi a Todi, è la mente e la madre di queste residenze, ora 9 in tutto. Pochi psicofarmaci e un approccio su più piani, nutrizionale e psicologico. Il protocollo funziona. Tante ragazze, qui, guariscono. Ma servono altri posti letto, tanti, perché la malattia dilaga. «Si è abbassata molto l’età minima — spiega Dalla Ragione — tanti sono minori, stiamo vedendo l’onda lunga del lockdown, delle restrizioni e della paura del futuro. Un trauma per tanti giovani».

Lo stanno capendo, purtroppo, anche i genitori che in quella orribile primavera 2020 hanno forse sottovalutato i sintomi di disagio. «Il disagio dei nostri figli ci fa paura, ma non dobbiamo averne perché i nostri figli ci chiedono di essere visti», dice Benedetta, venuta da Roma per trovare Cecilia, la sua 15enne. Quando si è ammalata di anoressia non aveva neppure 13 anni. (Amelia Esposito)

15 marzo 2023 – Aggiornata il 15 marzo 2023 , 15:28

© RIPRODUZIONE RISERVATA



Source link

RELATED ARTICLES

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

- Advertisment -

Most Popular

Recent Comments