La voce degli immigrati irregolari in Italia tra lavoro a nero, richieste di asilo e sanatorie. Ecco cosa succede
Adina ha 25 anni e lavora come badante in nero. E’ arrivata dal Perù con un visto turistico che adesso è scaduto. Vorrebbe essere assunta, ma non si può. E allora continua ad accudire l’anziano che assiste, nella speranza che nessun poliziotto bussi alla sua porta. «A volte ho paura a camminare per strada, ho paura di trovare un poliziotto che mi dica che devo tornare a casa mia». Adina è un’immigrata irregolare, senza documenti. Come lei, in Italia ce ne sono oltre 500mila. Non ci sono numeri ufficiali, gli irregolari non possono essere contati. Sono invisibili. Sono chiamati clandestini. E non possono lavorare con contratto, anche quando vorrebbero. «Vorrei avere almeno una possibilità, sono qui per lavorare, ma non posso lavorare regolarmente, non posso prendere una casa in affitto, non posso andare all’Università». Adina è arrivata in Italia in aereo per raggiungere la madre (regolare), e i fratelli (anche loro irregolari).
Come Adina c’è Ibrahim. Mentre parla sorride, poi a un certo punto si arrabbia e comincia a usare parolacce: «Ogni fottuta mattina mi alzo senza sapere come fare a vivere, non posso lavorare, non posso prendere un caffè al bar come tutti gli altri ragazzi della mia età, ho paura che la polizia possa trovarmi e rispedirmi in Africa, dicono che l’Africa è casa mia, ma io sono arrivato in Italia quando avevo 7 anni, non parlo nemmeno la lingua del Senegal». Ibrahim è arrivato ne nostro Paese piccolo, poi è cresciuto in una casa famiglia, dove è dovuto uscire a 18 anni, ed è diventato irregolare. Oggi ha 22 anni, le treccine sui capelli. «Vorrei fare il pizzaiolo ma anche se trovassi qualcuno disposto ad assumermi, la legge italiana non lo consentirebbe». E allora lavora in nero: «Nei campi, raccolgo le olive, magari l’uva, oppure gli ortaggi, mi pagano in nero». Continua a infarcire il suo linguaggio di parolacce, come se volesse richiamare l’attenzione. «Ogni tanto faccio pensieri brutti. Penso che l’unico modo per vivere sia fare quelle cose brutte, sì, quelle cose, hai capito. Spaccio? No dai, non sono un vero spacciatore, ma insomma, all’occorrenza, io però non vorrei farlo, ma devo pur vivere». Ibrahim viveva in un sottopassaggio a Firenze, fino a pochi mesi fa, adesso è ospite in una stanza di un’associazione caritatevole. All’ingresso di questa stanza, nel centro storico fiorentino, ci sono fogli di giornale per oscurare i vetri. «Mi sembra di vivere nascosto»
Adina, Ibrahim e tanti altri. Uomini e donne che vagano per le nostre città e che sperano di non essere fermati dalla polizia per un controllo. Una piaga, per loro e per l’Italia. L’irregolarità alimenta il lavoro nero perché questo è l’unico modo che hanno di lavorare. C’è chi si avvicina alla delinquenza, ma la maggior parte di loro lavora senza contratto. E se trovassero un imprenditore disposto ad assumerli, non si possono assumere. Così è scritto nella nostra legge, una legge che arriva dalla Turco Napolitano di molti anni fa e che si è protratta nel tempo, sia con governi di destra che di sinistra.
Ma gli stranieri come diventano irregolari? Una delle modalità è l’arrivo in Italia con visto turistico, che poi scade. Una seconda modalità sono gli arrivi (ad esempio via mare) dei richiedenti asilo, la cui domanda di asilo però viene rigettata. E poi persone che riescono ad avere un permesso di soggiorno che però poi scade, in alcuni casi perché queste persone perdono il lavoro. Molti di loro sperano in una sanatoria.
Dal 2002 ad oggi gli immigrati regolarizzati con sanatorie sono circa 2 milioni. Il governo con il maggior numero di regolarizzazioni è stato quello di Berlusconi del 2002, con 647mila immigrati regolarizzati. L’ultima sanatoria è quella del 2020. Alla fine del 2022, risultavano rilasciati 83mila permessi di soggiorno: solo il 37,7% sul totale delle domande presentate.
9 maggio 2023 – Aggiornata il 9 maggio 2023 , 07:35
© RIPRODUZIONE RISERVATA